Dal buon vecchio annaffiatoio a un sistema d’irrigazione che fa tutto da solo: ecco quali sono tutti gli strumenti che ci aiutano a dispensare acqua alle piante, facendoci risparmiare tempo senza disperdere una risorsa preziosa come l’acqua.
L’acqua è la componente principale di tutti gli organismi viventi; ne condiziona la sopravvivenza e, grazie alle sue particolari caratteristiche fisiche e chimiche, non solo entra direttamente nella struttura delle singole cellule, ma funziona da solvente delle sostanze nutrienti che, sotto forma di sangue nel caso degli animali o di linfa nel caso delle piante, veicola e distribuisce alle cellule, ai tessuti e agli organi.
L’uomo e gli animali sono in grado di scegliere i propri alimenti e di decidere quando e come cibarsi, le piante no. Le piante hanno una sola possibilità: assorbire il nutrimento dal suolo dove hanno messo radici.
Per questo motivo il terreno è uno dei fattori che condiziona la possibilità di una pianta di soddisfare i propri bisogni ed è sul terreno che bisogna lavorare per essere sicuri di soddisfare le esigenze idriche del giardino e delle piante che scegliamo di coltivare.
Le caratteristiche del terreno
Il terreno è costituito da un insieme di particelle che si aggregano tra loro, lasciando però un sistema di piccoli pori intercomunicanti che vengono occupati dall’aria e dall’acqua.
Più sottili e numerosi sono questi spazi, tanto maggiore sarà la quantità di acqua trattenuta dal terreno. I due estremi sono rappresentati dai terreni argillosi e dai terreni sabbiosi.
I primi, i terreni argillosi, sono formati da particelle molto piccole e da numerosi e sottili pori, trattengono molta acqua e la lasciano defluire lentamente provocando a volte pericolosi ristagni. In questo caso occorre somministrare poca acqua, ma a lunghi intervalli.
I terreni sabbiosi sono composti da grosse particelle e da ampi pori, l’acqua tende a defluire molto rapidamente e sono necessarie annaffiature più abbondanti e frequenti.
È importante, quindi, prima di bagnare le piante, valutare sempre le caratteristiche del te-reno ed, eventualmente, intervenire per correggerle.
Annaffiare e irrigare
Le varie specie vegetali hanno esigenze idriche diverse. Per esempio, le piante idrofite (come la ninfea) devono vivere nell’acqua, le xerofite (le piante grasse, ma anche molte specie mediterranee) hanno sviluppato una serie di adattamenti che consentono loro di sopportare lunghi periodi di siccità.
I fattori che influenzano le caratteristiche idriche del terreno sono diversi.
Un elemento climatico che viene spesso sottovalutato è il vento; aumenta la velocità e l’intensità della traspirazione (la perdita di acqua sotto forma di vapore attraverso le foglie), e di conseguenza la pianta, per far quadrare il suo bilancio idrico, ha bisogno di assorbire più acqua attraverso le radici.
Esistono particolari periodi o situazioni nella vita di una pianta in cui c’è bisogno di acqua. Per esempio in primavera, quando inizia la ripresa vegetativa e le piante producono nuovi germogli, oppure quando la pianta sta fiorendo o sta maturando i frutti, oppure quando è appena stata trapiantata. Nel caso di un albero di alto fusto può essere necessario sostenerlo con abbondanti irrigazioni durante la sua prima stagione di crescita, in quanto la chioma generalmente si sviluppa in modo sproporzionato rispetto alle radici.
Quando è necessario annaffiare?
Non c’è un momento giusto o per irrigare. Un buon metodo per capire se è il momento di annaffiare o meno consiste nel tastare il terreno con un dito: per la buona salute delle piante il suolo deve sempre essere umido, almeno a 2 cm sotto la parte superiore.
Mattino o sera?
Le annaffiature serali mantengono il terreno più umido perché nelle ore notturne viene a mancare l’evaporazione dovuta al calore solare, ma in genere è preferibile annaffiare al mattino perché l’insieme di acqua, luce e calore permette una migliore assimilazione dei principi nutritivi.
Vanno sempre evitate le ore più calde: il forte sbalzo di temperatura tra l’acqua e il terreno provocherebbe uno stress alle radici, abbassando la loro capacita di assorbimento.
Regolarità e costanza
Inoltre, le eventuali gocce cadute sulle foglie, funzionando da lente, potrebbero provocare scottature. In ogni caso, è fondamentale irrigare con regolarità: l’idea di inondare la pianta di enormi quantità di acqua per poter stare tranquilli per una decina di giorni è del tutto sbagliata; la pianta così soffrirebbe all’inizio per la troppa umidità e stilizzerebbe una piccola quantità di acqua in base al proprio fabbisogno per poi soffrire la siccità una volta che l’acqua si è dispersa nel terreno.
Questa alternanza non può dare buoni risultati. Anche se piove. Tenete sempre presente che le piante, piccole o grandi che siano, devono essere sempre irrigate anche se ha piovuto da poco, a meno che le precipitazioni non si siano protratte per due o tre giorni di seguito. Il fogliame, del resto, esercita un effetto ombrello, impedisce alla pioggia di bagnare la zolla e ne rallenta il flusso.
Annaffiatoio o impianto?

In casa, sul balcone, in serra, per piante delicate o appena trapiantate, per le piccole superfici, o quando non si dispone di acqua in pressione si può utilizzare annaffiatoio, perfetto per interventi di irrigazione limitati e localizzati.
L’annaffiatoio professionale è in lamiera zincata e ha una capacità di circa 10 litri. Ha una larga apertura nella parte superiore e consente un rapido riempimento di acqua. Una volta pieno è molto pesante, quindi è meglio optare per quelli di plastica, che sono anche meno costosi.
Per irrigare piante delicate o appena trapiantate e consigliabile usare un annaffiatoio a fori sottili.
Una presa d’acqua, un tubo e qualche raccordo: questa è invece la dotazione minima per passare dall’annaffiatoio a un sistema di irrigazione più funzionale, professionale e meno faticoso.
L’aggiunta a questi elementi di base di altre componenti, più o meno sofisticate, consentirà di allestire impianti più complessi, la cui scelta dipende dall’estensione del giardino, dalle caratteristiche delle piante, e quindi dalle loro esigenze idriche, e dalla possibilità di spesa.

I tubi da irrigazione
Quelli oggi disponibili sul mercato sono in materiale plastico, più resistente e meno costoso della gomma. Quelli trasparenti, in cloruro di polivinile, sono pratici e facili da usare ma hanno una scarsa resistenza meccanica, per cui è meglio optare per i tubi con pareti formate da più strati, in genere uno interno liscio per facilitare lo scorrimento dell’acqua, uno intermedio di rinforzo e uno esterno in pvc o in polietilene.
Lo spessore delle pareti e la qualità del materiale di rinforzo sono la migliore garanzia contro l’inconveniente delle strozzature che ostacolano il flusso dell’acqua. Per farli durare a lungo, i tubi vanno trattati con una certa cura: puliteli dalle incrostazioni di terra, svuotateli dall’acqua residua dopo l’uso e riponeteli in un luogo asciutto.
Gli irrigatori statici a pressione sono particolarmente indicati per bagnare colture delicate e aiuole fiorite. Permettono di polverizzare letteralmente l’acqua e di distribuirla uniformemente sul terreno.
I più semplici sono quelli “statici a pressione’ che hanno un principio di funzionamento simile a quello delle lance: l’acqua esce da uno o più fori , modificata nella sua struttura, per cui si ottengono getti paragonabili a pioggia naturale, oppure polverizzati o orientati.
Gli irrigatori statici, che spruzzano in genere a cerchio, hanno un raggio d’azione limitato a circa 4 m, per cui consentono di bagnare zone piccole. Alcuni modelli sono dotati di una particolare farfalla rompi-getto per una migliore distribuzione dell’acqua e per consentire di bagnare superfici particolari, come i settori circolari o quelli rettangolari stretti.
Gli irrigatori più diffusi sono quelli “a braccia rotanti”: sono solidi e non richiedono manutenzione – eccetto, come tutti, il lavaggio delle possibili incrostazioni di calcare sui fori di uscita dell’acqua.
Nella scelta del modello più adatto alle proprie esigenze, bisogna tenere conto dell’ampiezza dell’area da bagnare e della qualità della pioggia che si desidera ottenere.
Negli irrigatori “a braccio oscillante”, invece, un motore idraulico imprime un movimento oscillatorio costante a un braccio di alluminio sul quale si aprono piccoli fori. L’acqua fuoriesce dai fori in getti disposti in modo regolare, come un ventaglio; l’oscillazione del braccio mobile da tutti i lati ha un’ampiezza regolabile a piacere mediante un selettore.
L’irrigazione programmata
Ogni zona del giardino ha esigenze diverse. Per esempio, le aiuole è meglio bagnarle a mano o con irrigatori circolari; per le siepi è ideale il sistema goccia a goccia, che vedremo tra poco; per il prato andrà bene un’irrigazione di superficie.
Per soddisfare tutte queste esigenze potrebbe essere utile un impianto automatizzato che lavori su più fronti. I vantaggi sono indiscussi:
- si risparmia tempo
- ci si può assentare senza preoccupazioni, per esempio per un periodo di vacanza
- si risparmia acqua (dal momento che l’impianto irriga in base alle reali necessità)
Bagnare “goccia a goccia”
Questo sistema di irrigazione è ideale per le siepi, e anche per i filari, perché permette di bagnare solo dove è realmente necessario, ossia ai piedi di ogni pianta, controllando sempre la frequenza e la quantità di acqua fornita.
Il sistema “goccia a goccia” è formato da una serie di tubi flessibili, che possono essere di plastica o in pvc, o rigidi, in polietilene, dal diametro piuttosto piccolo: circa 13 millimetri.
I tubi possono essere interrati o appoggiati sulla superficie del terreno. Sui tubi sono applicati e fissati dei gocciolatori, che sono gli strumenti che garantiscono l’erogazione dell’acqua sotto forma di tante piccole gocce.
Con una valvola è possibile regolare la pressione e dosare il volume dell’acqua che è necessario fornire.
Se l’acqua è troppo dura
Se l’acqua è troppo calcarea, condizioni comune in molte zone d’Italia, è meglio non utilizzarla per annaffiare; il calcare altera il ph del terreno e macchia le foglie con piccoli depositi di colore bianco.
In questo caso, basta basta versare l’acqua in un secchio capiente e lasciarla decantare per qualche giorno, meglio se con l’aggiunta di un cucchiaio di aceto: l’aceto, combinandosi con il calcare, forma un sale insolubile che precipita sul fondo.
Prelevate poi soltanto l’acqua in superficie, senza rimescolarla.
Come risparmiare l’acqua

Ogni buon giardiniere, navigato o neofita che sia, sa bene che l’acqua migliore per irrigare è quella piovana; ha un minor contenuto di sali (soprattutto di calcio) e per questo è adatta alla maggior parte delle piante da giardino; non contiene disinfettanti, come per esempio il cloro, dannosi alle colture; -quando viene usata è a temperatura ambiente e quindi non provoca shock termici alle piante.
Questi sono tutti buoni motivi per sfruttare la pioggia come fonte di approvvigionamento idrico. A questi si aggiungono ulteriori vantaggi: l’acqua piovana, se opportunamente raccolta, è disponibile anche quando l’acquedotto comunale è “in secca”; non è soggetta a restrizioni d’uso; non costa niente.
L’acqua piovana si può raccogliere in vasche interrate o, più semplicemente, in cisterne da tenere all’aperto, in giardino. Uno dei modelli più diffusi è quello della cisterna ricavata dalla liste di legno di abete, trattato in autoclave per una lunga durata, da assemblare in modo rapido e facile.
All’interno è rivestita di pvc resistente al gelo ed è dotata di un coperchio in materiale sintetico, ribaltabile a metà. Un set di raccordo offre la possibilità di collegare insieme più cisterne, di convogliare l’acqua in eccesso.